Spesso si pensa erroneamente che l’ortodonzia intercettiva sia un trattamento effettuato solamente per migliorare l’estetica dentale dei bambini. In realtà, questo tipo di apparecchio risulta essere un‘arma di prevenzione per la salute orale, e non solo, dei nostri figli. Ma vediamo di approfondire meglio insieme l’argomento!
Ortodonzia intercettiva: cos’è?
L’ortodonzia intercettiva rientra tra le pratiche di prevenzione nei bambini in crescita e ha lo scopo di favorire sia il corretto sviluppo delle basi scheletriche, che la crescita dei denti permanenti. In quest’ottica, non si ripristina solamente il corretto allineamento dei denti, ma si lavora anche sulla corretta funzionalità dell’apparato stomatognatico, perciò sul funzionamento dei tessuti e degli organi che svolgono le attività digestive (salivazione, masticazione, deglutizione), respiratorie e di relazione (fonazione e mimica facciale).
Grazie all’ortodonzia intercettiva possiamo prevenire molte delle anomalie di sviluppo e di eruzione dentale, modificando alcuni atteggiamenti scorretti che, se protratti oltre una certa età, sicuramente influiscono in modo negativo sulla crescita delle ossa mascellari. Tra questi troviamo: l’uso prolungato del ciuccio e del biberon e l’abitudine di succhiarsi il dito, mordere la penna o mangiarsi le unghie.
Quando iniziare il trattamento?
Questo tipo di trattamento viene di norma condotto ad un età compresa tra 6 e 9 anni e ha una durata limitata (intorno ad 1 anno). Viene, poi, seguito da una fase di monitoraggio con controlli periodici: talvolta, in questo intervallo di tempo può risultare indicata l’estrazione strategica di denti decidui per velocizzare o favorire l’eruzione dei corrispondenti denti permanenti.
Alla fine della terapia intercettiva, sarà necessario attendere il completamento della permuta (con l’eruzione di tutti i denti permanenti) per procedere, se necessario, con una seconda fase di trattamento.
Alcuni esempi in cui utilizzare l’ortodonzia intercettiva
Un esempio classico è rappresentato dal cosiddetto “palato stretto“: un difetto scheletrico, molto frequente, che si traduce anche in una carenza dello spazio necessario per i denti permanenti nell’arcata superiore.
In tale situazione, una prima fase di cura, che definiremo ortopedica, sarà finalizzata proprio all’espansione del palato e al reperimento dello spazio necessario al completamento della permuta.
Risulta pertanto chiaro come questa fase di trattamento rappresenti un prerequisito senza il quale una eventuale “seconda fase di trattamento ortodontico” sarebbe estremamente più complessa o addirittura impossibile.
Un altro esempio classico di ortodonzia intercettiva si ha nel caso dell’inversione anteriore del morso in dentatura decidua, tecnicamente definita “classe III”, quando gli incisivi inferiori chiudono davanti ai superiori. Questa malocclusione può beneficiare di un approccio ortopedico molto precoce, cui spesso seguirà un secondo trattamento in dentatura permanente e/o al termine della crescita scheletrica.